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![]() "AVVENTURA ALLE ELEMENTARI" |
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- È finito l’inchiostro. Oggi va dal bidello…AnnaMaria Tettamanzi. Prendi la caraffa. Vengo scelta io. Non l’altra AnnaMaria, non i soliti maschi. Il cuore mi batte forte. Afferro la brocca di rame dal becco lungo e sottile, sorrido alla maestra. Sono fuori dalla porta. Il corridoio mi appare lunghissimo. Il pavimento di mattonelle è tirato a lucido. So dove il bidello tiene tutto il materiale: nello sgabuzzino. Si entra da una porta che dà su un pianerottolo in fondo all’edificio. Ci sono passata alcune volte. Ma… adesso come ci arrivo? Stringo il manico curvo del recipiente. La scalinata che percorro ogni giorno è a pochi passi. Scendo adagio i gradini, tenendomi alla ringhiera con la mano libera. Il silenzio è totale. Cerco di evitare i tonfi dei miei piedi. Sono al pianterreno. Corridoio lunghissimo, lucidissimo e deserto. Vado avanti. A destra ci sono le porte delle terze. La voce di un maestro: -Aprite il sussidiario. Gli antichi Egizi. L’anno prossimo li studierò anch’io. Ma ora non ho tempo per pensarci. È giusto passare di qui? E se non trovo il bidello? La caraffa diventa pesante e la mia mano destra si pietrifica intorno al manico. Sto per passare davanti all’ingresso della Direzione che è sull’altro lato. Rasento il muro, vorrei scomparirvi dentro. E se il Direttore mi vede? Gli dico buongiorno. E se mi chiede di che classe sono? Seconda mista. E se mi chiede perché sono qui? Perché in classe serve l’inchiostro. E se… Respiro a fondo. Oltrepasso quella porta. Sono salva. Infilo la mano sinistra nella tasca del grembiule. I tre “golia” li ha messi la mamma. I due fichi secchi me li ha regalati la maestra. Vengono dalla Calabria. Glieli portano i suoi nipoti. Sono la ricompensa per aver recitato la poesia, dalla prima all’ultima strofa senza esitazioni. “ Consolati, Maria, del tuo pellegrinare! Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei. Presso quell'osteria potremo riposare, ché troppo stanco sono e troppo stanca sei. Il campanile scocca lentamente le sei...” Ripeto l’inizio sottovoce. Le rime sono divertenti, sembrano una musica. Mi danno un po’ di coraggio. Però sudo freddo. Un ragazzo cammina nella direzione opposta. E’ alto, di quinta. Gli chiederò dov’è il bidello. Ma quale bidello? Francesco. Lui ci versa l’inchiostro nei calamai. Francesco, coi capelli bianchi e la voce morbida. Lo scolaro di quinta mi sfila accanto con la testa bassa, il passo deciso. Sa dove andare, io no. Non oso fermarlo. Arrivo a un altro corridoio, incrocia il primo ed è più corto. Alzo lo sguardo. Sulla parete si apre una nicchia. Dentro è infilato un mezzo busto di pietra. Leggo il nome: C.Battisti, quello della mia scuola. - Non avete più inchiostro? Che classe fai? Vieni. Indovino chi sta alle mie spalle: il bidello Francesco! Lo seguo. Le dita della mia mano destra riprendono calore. Aspetto fuori dallo sgabuzzino. Mi sembra trascorso tanto tempo. I “golia" sono ancora nella tasca. I fichi secchi pure. È brava la mia maestra? Non lo so, se non usasse la riga lo sarebbe di certo. Quando sarò maestra io, tratterò bene i bambini. Regalerò “golia” a tutti. Il bidello ha la caraffa piena d’inchiostro. Insieme torniamo in classe. Il percorso è breve. (racconto di Anna Maria Tettamanzi - 2010) |